Peter BIRMANN
Provenance
Private collection, Denmark
Exhibitions
Literature
Exhibition catalog, "Verzeichnis der Kunstwerke und andrer Gegenstände der Kunst- und Industrie-Ausstellung in Bern". Berna 1810. - "Peter und Samuel Birmann. Künstler, Sammler, Händler, Stifter." Basilea 1997
Il dipinto qui presente, eseguito dal pittore svizzero Peter Birmann, è comparso recentemente insieme al suo pendant sul mercato dell’arte del Nord Europa. Esso costituisce un importantissimo arricchimento dell’opera dell’artista svizzero anche per via della sua provenienza. Infatti il dipinto ed il suo pendant furono esposti già nell’anno della loro esecuzione, 1810, a Berna e descritti da Franz Sigmund Wagner (1759-1835) nella rivista “Neues Allerley, über Kunst, Kunst-Sinn, Geschmack … während der Kunst- und Industrie-Ausstellung in Bern” con le seguenti parole: “… due quadri di paesaggio del Signor Birmann da Basilea, uno raffigura la zona attorno al Ponte Mola [così nel testo originale] sulla strada da Firenze a Roma, il secondo la zona attorno a Basilea. La scelta di queste due contrade è superba, sono zone degne persino del pennello di un Claude Lorrain.” Senza dubbi il dipinto qui in mostra è da identificare con il primo dei due quadri descritti dal Signor Wagner ed esposti a Berna: si tratta quindi di un ritrovamento importante di un’opera del Birmann famosa già al momento della sua esecuzione, scomparso in poi per quasi duecento anni ed ora felicemente ritrovato.
Il pittore di paesaggio Peter Birmann, dopo un tirocinio presso il noto paesaggista Johann Ludwig Aberli (1723-1786) negli anni tra 1777 e 1780, lasciò la sua città di nascita, Basilea e si recò a Roma, dove arrivò nel 1781. Qui lavorava per breve tempo nello studio di Abraham Louis Rodolphe Ducros (1748-1810) per collaborare in seguito con l’incisore ed editore Giovanni Volpato (attorno al 1735-1803). Dopo tre anni e mezzo si mise in proprio e si dedicò solamente alla pittura di paesaggio. Nel 1790 lasciava Roma per tornare in patria dove apriva una piccola casa editrice artistica; in più si dedicava al commercio d’arte. Quest’ultimo fruttò in modo tale che la galleria di Birmann divenne una delle più importanti della Svizzera; nella sua casa editrice pubblicava tra l’altro vedute svizzere. Le sue attività furono proseguite dai figli Samuel e Wilhelm Birmann.
A Roma il Birmann non rimase sconosciuto a lungo. Egli conobbe il famoso “Earl-bishop”, Frederic Hervey, Earl of Bristol e vescovo di Derry, il poeta Johann Wolfgang von Goethe, il Duca di Curlandia, la Duchessa Anna Amalia di Sachsen-Weimar e il Granduca Pavel Petrovich, futuro Zar della Russia, il quale invitò il pittore più volte a venire alla corte di S. Pietroburgo.
Peter Birmann oggi è noto soprattutto per i suoi disegni ed acquerelli che furono lodati anche da Johann Heinrich Meyer nel volume “Winckelmann ed il suo secolo” edito nel 1805 dal Goethe. Mentre gli acquerelli rassomigliano molto a quelli del Ducros, i disegni a seppia stanno nella tradizione di Jakob Philipp Hackert (1737-1807), da cui Birmann si fece ispirare anche nella scelta dei soggetti.
Il quadro ad olio qui presente mostra la valle del Tevere a nord di Roma. In lontananza si stagliano i Monti Sabini, mentre a metà distanza si riconosce l’antico “Pons Milvius”, noto successivamente come ponte Molle o ponte Milvio. Nel primo piano un gruppo di pastori vestiti all’antica si è raccolto sotto un gruppo di alti alberi, uno di loro suona il flauto. Una donna mostra ad un bambino un monumento antico, forse un sarcofago. La resa del paesaggio è realistica e ricorda il giudizio di Johann Heinrich Meyer che scrisse nel “Winckelmann”: “Anche Birmann [come Ducros] fece soltanto vedute e non osava mai di allontanarsi dalla realtà.” Infatti si riconosce chiaramente la forma del ponte come apparve prima del restauro di Giuseppe Valadier del 1805: A sinistra si alza sopra il secondo pilone una torre merlata che fa parte delle fortificazioni medioevali del ponte. All’altra testata originalmente si trovava una torre gemella caduta in rovina già all’inizio del Settecento. Fino al restauro del Valadier una passerella di legno univa questo lato del ponte con la riva. Nel Quattrocento sotto Niccolò V e Callisto III fu aggiunto alla torre settentrionale un grande torrione a pianta quadrata, il quale costringendo a voltare a destra, immetteva su un’altra passerella di legno non visibile nel quadro in quanto coperta dal torrione stesso. La torre fu ricostruita dal Valadier per farci passare sotto la strada attraverso una porta.
Sul lato destro del ponte il Birmann fa vedere – anche se solo abbozzati – due monumenti: si tratta di un’edicola con la statua della Madonna alzata nel 1650, e della grande statua di S. Giovanni Nepomuceno, eseguita da Agostini Cornacchini nel 1731. Il Birmann riporta i due monumenti, ma cambia leggermente la forma del ponte: al posto della passerella di legno il quadro mostra due arcate in pietra. E’ da presumere che il pittore voleva mostrare il ponte in sintonia con il gruppo di figure “all’antica” in primo piano, ai quali quindi affiancava il ponte in uno stato più completo come forse s’immaginava quello antico.
Poco a monte del ponte sulla riva del Tevere si scorge in mezzo di alberi una torre rotonda: questa la Tor di Quinto, torre medioevale che dominava l’antica Via Flaminia e che serviva a difendere il corso del Tevere. A destra del Tevere si riconosce l’attuale Villa Glori, mentre all’orizzonte si staglia la tipica sagoma del Monte Gennaro. Il punto di vista infine è preso dai pressi della Villa Madama sul Monte Mario che, essendo aperta al pubblico nella seconda metà del Settecento, era diventata meta delle gite dei pittori di paesaggio.
Mentre il fiume con il paesaggio circostante è reso in modo fedele dal pittore, un ultimo dettaglio invece fu liberamente aggiunto: in cima alla collina dove si trova oggi la Villa Glori si riconosce un tempietto inventato da Birmann che probabilmente volle ancora sottolineare il carattere arcadico e classicheggiante del paesaggio raffigurato. Con questa evocazione di un passato lontano il pittore si svela seguace del grande modello degli artisti del Settecento: il paesaggista Claude Lorrain (1600-1682).
Probabilmente per via del successo della veduta Birmann eseguì una replica di formato minore del presente quadro, apparsa anch’essa sul mercato d’arte alcuni anni fa: quest’ultimo quadro, leggermente diverso nei dettagli della vegetazione e nelle figure, non reca però la firma dell’artista.
Questa suggestiva veduta di una parte della Campagna Romana permette di arricchire l’opera pittorica di Birmann, di cui sino ad oggi sono noti solo pochi dipinti, oltre a numerosi disegni ed acquerelli.