Francesco PODESTI 1800 -1895
Provenance
Roma, collezione privata
Mostre
Il primo ‘800 italiano. La pittura tra passato e futuro. (Milano, Palazzo Reale 20 febbraio – 3 maggio 1992), p. 188.
Il dipinto di Francesco Podesti deve ritenersi una riduzione da cavalletto, eseguita per un committente privato, di uno dei soggetti più celebri del ciclo di affreschi realizzato dall’artista per la Galleria del demolito palazzo Torlonia in piazza Venezia a Roma.
La composizione deriva infatti da un riquadro, raffigurante la medesima iconografia, che adornava la volta della cosiddetta “Galleria dell’Ercole e Lica”, conosciuta anche come “Braccio di Canova” al piano nobile del Palazzo, e che culminava nella scenografica esedra contenente il gruppo colossale dello scultore.
Si trattava di un ambiente intermedio tra un museo e una sala di ricevimento, con decorazioni dipinte e a stucco, mobili e arredi di grande effetto, in cui erano esposte sia sculture antiche che copie e calchi di sculture classiche.
Alla decorazione del palazzo i Torlonia avevano chiamato a collaborare i migliori artisti del tempo, tra cui Francesco Podesti che realizzò tra il 1835 e il 1837 scene ispirate alle storie degli dei dell’Olimpo e di cui oggi restano soltanto i cartoni preparatori conservati presso la Pinacoteca di Ancona.
I soggetti mitologici affrescati nella curvatura della volta erano contrapposti a due a due ai lati del lucernario che illuminava il grande ambiente ed erano così articolati: Giove e gli dei dell’Olimpo contro i Titani e il Trionfo di Nettuno, la Toletta di Venere e il Giudizio di Paride e infine il Ratto di Proserpina e il Ratto di Europa[1].
Gli affreschi, oltre a consacrare ulteriormente la fama dell’artista, dovettero essere conosciuti e apprezzati non soltanto a Roma e in Italia se a seguito di questa impresa pittorica gli giunsero ancora altre committenze. Ispirandosi infatti al Ratto d’Europa, Podesti realizzò in formato cabinet per i marchesi Ala Ponzoni di Genova un dipinto e un’altra replica destinata al mercato inglese realizzata nel 1838[1], così come l’olio su tela per il marchese milanese Antonio Busca, dipinto nel biennio ’36-’37.
Il nostro dipinto traduce in immagine uno dei più famosi episodi della mitologia classica.
Il testo ovidiano delle Metamorfosi (vv.868-875) narra che Giove, invaghitosi della giovane principessa Europa, escogitò un piano per rapirla. Dopo aver chiamato Mercurio e avergli ordinato di far scendere i buoi di Agenore (padre di Europa) verso la spiaggia dove la fanciulla era solita recarsi con le sue compagne, Giove si trasformò in un candido toro. Europa allora conquistata dalla bellezza e dalla mansuetudine dell’animale gli si sedette sul dorso; subito il toro si alzò e inizò a correre velocemente verso il mare, per condurla nell’isola di Creta dove la ninfa diede alla luce Minosse, frutto della loro unione.
L’artista sceglie di fissare nella tela il momento culminante della vicenda, quello in cui Europa sul dorso del toro è condotta via verso il mare, circondata da amorini che scagliano frecce.
[1] M. Polverari, Francesco Podesti, (Ancona, Mole Vanvitelliana 2 giugno – 1 settembre 1996), p.166.