Provenance
Collezione privata, Roma
Mostre
Maestà di Roma da Napoleone all’Unità d’Italia. Universale ed Eterna Capitale delle Arti. (Roma 7 marzo – 29 giugno 2003), Scheda IX.2.7., p.457, a cura di Federica Giacomini.
Literature
C. Falconieri, Vita di Vincenzo Camuccini, Roma 1875, p. 212.
F. Giacomini, Vincenzo Camuccini. Conversione di Saulo in Maestà di Roma, Venezia 2003, p. 457.
G. Piantoni De Angelis, Camuccini 1771-1844, Roma 1978, Scheda n.186, pp. 84-87.
La tela di Vincenzo Camuccini, proveniente da una collezione privata romana, riappare sul mercato nella fondamentale esposizione “Maestà di Roma” del 2003.
Si tratta del bozzetto finito per la grande tela commissionata al pittore da papa Leone XII (1823-1828) da collocarsi nel transetto sinistro della basilica di San Paolo Fuori le Mura, ricostruita nuovamente a seguito dell’incendio che la distrusse nel 1823.
La pala affidata all’artista, all’epoca già affermato pittore e Accademico di San Luca, fu portata a termine soltanto nel 1835. L’opera ebbe infatti una gestazione lunga e complessa di cui sono testimonianza, oltre alla tela qui presentata, un corpus di disegni e studi preparatori tuttora conservati; tra questi figura anche l’acquerello su carta quadrettata a matita, sistema utilizzato dall’artista per trasportare l’immagine sul nostro bozzetto preparatorio.
La pala rimase nello studio dell’artista fino al 1840, data nella quale fu poi trasportata nella Basilica insieme al San Paolo rapito al terzo cielo, della cui realizzazione Camuccini fu incaricato nel 1839 da Gregorio XVI. Un tale ritardo, nella collocazione dell’opera nel contesto per cui era stata eseguita, è da ascrivere ai contrasti sorti tra l’artista e il partito “purista” se, come scrive Carlo Falconieri, suo amico e biografo, la Commissione incaricata della ricostruzione della Basilica ne rimandava il posizionamento in situ «non avendo apposito locale per tenerlo e custodirlo fino all’epoca che passerà per porlo in opera sull’altare, cui verrà destinato».
È credibile che la nostra tela possa essere identificata con il quadro regalato da Camuccini a Monsignor Tosti, di cui scrive Falconieri.
Per la descrizione si rimanda a Federica Giacomini, secondo la quale il bozzetto
si colloca in una fase avanzata di elaborazione ed è assai vicino alla redazione definitiva del dipinto, da cui si discosta soprattutto per la diversa postura dell’angioletto di destra, nonché per la collocazione della lancia di Paolo in primo piano e altri minuti dettagli. Esso documenta il progressivo processo di decantazione subito dalla composizione, raggiunto attraverso l’eliminazione di particolari narrativi come il paesaggio sullo sfondo e l’elmo caduto in primo piano [..] consapevolmente perseguito da Camuccini in funzione delle dimensioni colossali dello spazio nel quale il dipinto sarebbe stato collocato.
L’opera riprende un soggetto caro alla tradizione artistica dell’iconografia paolina, il cui episodio desunto dagli Atti degli Apostoli (Atti 9, 1-9) segna l’adesione al cristianesimo di Saulo.
Secondo la testimonianza neotestamentaria Saulo, strenuo persecutore dei cristiani, si convertì al cristianesimo mentre, recandosi da Gerusalemme a Damasco per organizzare la repressione dei cristiani della città, fu improvvisamente avvolto da una luce fortissima e udì la voce di Cristo, che gli diceva: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?". Reso cieco da quella luce divina, Paolo vagò per tre giorni a Damasco, dove fu poi guarito dal capo della piccola comunità cristiana di quella città, Anania.
La tradizione artistica successiva ha immaginato la caduta a terra come una caduta da cavallo, ma il particolare è assente dalle Scritture sebbene possa essere verosimile poiché l'evento si verificò durante il viaggio.