Nino COSTA 1826-1903
Provenance
Collezione privata inglese
Literature
S. Susinno, La pittura a Roma nella prima metà dell’Ottocento, in «La pittura in Italia, l’Ottocento», vol. I, Milano 1991, p. 436.
A. Marabottini, Il pittore dell’Ottocento Italiano più amato dagli inglesi, Nino Costa, Torino 1990, p. 108.
Donne che imbarcano legna al porto di Anzio, olio su tela, cm 73 x 147, 1852, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, inv. 1232.
N. Costa, Quel che vidi e quel che intesi, Milano 1927, (ed. Milano 1983), p. 126.
Sulla biografia del pittore restano fondamentali il saggio di Olivia Rossetti Agresti, Giovanni Costa, his life, works and times, London 1904, e le memorie di Nino Costa, date alle stampe da sua figlia Giorgia Guerrazzi Costa, Quel che vidi e quel che intesi, Milano 1927 ; inoltre si vedano Nino Costa e i suoi amici inglesi, catalogo della mostra a cura di S. Berresford - G. Matteucci - P. Nicholls, Milano, Circolo della Stampa, 4 - 20 maggio 1982, Milano 1982 ; Nino Costa, catalogo della mostra a cura di A. Marabottini, Roma, Galleria Gasparrini, Torino 1990 ; P. A. De Rosa, Giovanni (Nino) Costa, nota biografica, in La Campagna Romana da Hackert a Balla, catalogo della mostra a cura di P. A. De Rosa - P. E. Trastulli, Roma, Museo del Corso, 22 novembre 2001 - 24 febbraio 2002, Roma 2001 ; sull’influenza dell’arte del Costa sulla corrente dei Macchiaioli si veda D. Durbé, I Macchiaioli, Roma 1978 ; sulla parabola artistica costiana si veda l’esauriente catalogo edito recentemente: Da Corot ai macchiaioli al simbolismo - Nino Costa e il paesaggio dell’anima, catalogo della mostra a cura di F. Dini - S. Frezzotti, Castiglioncello, 19 luglio - 1 novembre 2009, Milano 2009.
L’opera La villa Borghese di Nettuno vista da Anzio rappresenta una straordinaria aggiunta al regesto delle opere del pittore romano. Si tratta di un inedito olio su tavola eseguito da Nino Costa in uno dei luoghi a lui più cari, rispondente a tutte le caratteristiche pittoriche proprie della ricerca artistica che sui lidi anziati l’artista riuscì a cristallizzare già dai primi anni ’50 del XIX secolo: nel formato, allungato in senso orizzontale, nella tecnica, un bozzetto compiuto dal vero, nel soggetto, assolutamente nuovo rispetto alla pittura insegnata nelle accademie e legata alla committenza ufficiale.
Nella composizione la villa Borghese sovrasta il suo grande parco in alto sulla sinistra con il corpo centrale della villa più alto rispetto alle due ali laterali, delle quali Costa ritrae quella rivolta ad Ovest, con il terreno che degrada dolcemente verso il mare. Sulla destra del dipinto si scorge l’edificio d’entrata al parco con sullo sfondo la costa di Nettuno. In antitesi con la staticità della dimora seicentesca, Costa pone in primo piano il movimento della vegetazione accuratamente dipinta attraverso minuziosi punti di colore, che risaltano su una base di ocra e verdi tipici della macchia mediterranea che ammanta il litorale di Anzio. L’assenza della raffigurazione umana, un aspetto che ricorre più volte nell’opera di Nino Costa, sottolinea ancor più l’importanza dell’aspetto naturalistico e “vero” nella pittura dell’artista, non interessato a popolare di figure questo genere di opere ma piuttosto spinto a farne percepire la presenza, in questo caso attraverso l’architettura della villa.
Il pittore si recò spesso ad Anzio, con maggior frequenza tra il 1874-76 e il 1881-83.[2] Analizzando l’evoluzione del linguaggio costiano è probabile che la nostra opera risalga proprio al periodo tra il 1881-83: la pittura difatti risulta coerente con la produzione dei primi anni ’80 del XIX secolo, dove ritorna più volte il motivo pittorico della vegetazione in primo piano con macchie di colore inserite in ampie campiture, differente dalla prima produzione del pittore, eseguita per le stesse tematiche più all’ impressione.
Sulla zona tra Anzio e Nettuno si conoscono diverse opere di Nino Costa: Torre Astura, Porto d’Anzio e riviera di Levante con manaidi, Spiaggia di Nettuno, Ragazze di Porto d’Anzio e su tutte Donne che imbarcano legna al porto di Anzio del 1852.
La composizione di questa tela fu anche l’occasione per il pittore di imprimere alla sua Arte un canone espressivo dal quale Costa non si staccherà mai per il resto della sua vita: «fare prima, sul vero, un bozzetto d’impressione il più rapidamente possibile; e poi, fare dal vero studi dei particolari. Finalmente abbozzare il quadro, stando attaccato al concetto del bozzetto non togliendo mai le pupille dall’eterno bozzetto. Lo chiamo “eterno” perché ispirato dall’amore per l’eterno vero».
Aspetto, quello dell’ “eterno vero”, che ritorna nell’armonia compositiva del nostro dipinto in cui Nino Costa ritrae con estrema cura la bellezza del litorale laziale che affascinò numerose generazioni di artisti.
Nino Costa, fu una delle personalità più influenti nell’arte italiana del XIX secolo. Innovatore, mente lungimirante, fece dell’amore per il “vero” l’espressione più sentita e riconoscibile nella sua arte, un credo che numerosi pittori a lui contemporanei o postumi abbracceranno con grande entusiasmo, ambasciatori di una scuola che si espanderà oltre i confini italiani alla pari con le altre correnti naturaliste europee ben più celebrate dalla critica.