Johann Jakob FREY 1813-1865
Il dipinto raffigura una veduta della Basilica di San Pietro ripresa dalla valle Aurelia. In primo piano l’abside con la cupola michelangiolesca. La Basilica è inserita in una campagna romana circondata dai monti, tra cui si distingue sulla sinistra il monte Mario, in cui la città volutamente non compare.
Johann Jakob Frey crebbe in un ambiente votato all’arte, ricevendo i primi insegnamenti di pittura dal padre Samuel (1785-1836) a sua volta pittore ed incisore.[i]
Iniziò a viaggiare fin da giovane e Parigi fu la sua prima meta: il desiderio di apprendere lo portò spesso a rimanere intere giornate nelle gallerie del Louvre dove si esercitava a copiare dipinti di paesaggio fiamminghi del XVI e XVII secolo. Ritornò a Basilea nel 1834, vi sostò brevemente per poi recarsi a Monaco di Baviera dove ebbe modo di conoscere l’arte di Carl Rottmann (1797-1850) il cui linguaggio artistico influenzò l’approccio di Frey al paesaggismo.[ii]
Giunse a Roma nel 1836, data apposta su alcuni dei suoi primi disegni italiani, che quindi anticipa di due anni la data presunta del suo arrivo in Italia, il 1838, rintracciabile in numerosi studi critici. Ebbe il suo primo studio nell’allora sede dell’Accademia Austriaca a Palazzo Venezia. Nelle prime estati del suo soggiorno viaggiò per i dintorni di Roma spingendosi fino a Napoli dove conobbe i pittori della ‘Scuola di Posillipo’ dalla cui arte rimase influenzato; poi si recò in Sicilia.
Il suo atelier fu frequentato da numerosi intellettuali come l’archeologo Richard Lepsius (1810-1884), il quale proprio in Frey individuò la persona adatta a seguirlo nella spedizione sostenuta dal governo prussiano alla volta dell’Egitto e dell’Etiopia. Iniziò così nel 1842 la grande impresa che segnò profondamente la vita del pittore, ma che terminò dopo poco meno di un anno, nell’agosto del 1843, poiché le sue condizioni di salute non gli consentirono di portare a termine la spedizione.
Dopo una sosta ad Atene che durò circa un mese, l’artista svizzero tornò a Roma dove prese alloggio in via Capo le Case 92. Nel suo studio iniziò da subito a lavorare sulle nuove tematiche orientaleggianti che aveva studiato durante l’ esperienza in Africa. Le sue creazioni incontrarono l’immediato favore del pubblico e furono foriere di numerose commissioni che lo portarono, complice anche l’instabile situazione politica a Roma nel 1848, a viaggiare attraverso l’Europa, in Francia, Inghilterra, Svizzera e Spagna dove dipinse vedute della Sierra Nevada, di Granada e Siviglia.
Frey divenne un punto di riferimento per numerosi artisti, specialmente di area germanica, che arrivavano a Roma e dal 1858 stabilì il nuovo studio nel prestigioso Hotel de Russie, all’imbocco di via del Babuino verso piazza del Popolo; in quegli anni continuò le sue sortite nella Campagna Romana insieme ad un accompagnatore d’eccezione, Ferdinand Gregorovius (1821-1891), storico e letterato tedesco che nei suoi scritti descrisse le passeggiate con l’amico pittore attraverso la Campagna.[iii]
Nel 1865, all’apice della carriera, Frey morì nella sua “vigna” di Frascati. La tomba, decorata con motivi ispirati alla tradizione egizia, è ubicata presso il cimitero acattolico di Testaccio a Roma.
[i] Cfr. C. Haenlein, Introduction, in A Collection of Drawings and Paintings by Johann Jakob Frey 1813-1865, catalogo della mostra, Londra, Malzahn Gallery Limited, Londra 1974, p. 1.
[ii] Si ringrazia per queste osservazioni l’avvocato Nico Zachmann.
[iii] Cfr. F. Gregorovius, Diari Romani 1852-1874, a cura di A. M. Arpino, La Spezia, Club del libro fratelli Melita, 1982, p. 56.