Luigi ADEMOLLO Italian, 1764 -1849
Altre immagini
Mostre
Leone in Aspetti dell’Arte Neoclassica a Roma, catalogo a cura di P. Antonacci - F. Leone, Galleria Paolo Antonacci, Roma 2009, scheda n. 1;
A. Rodolfo in La Bella Italia - Arte e Identità delle città Capitali, catalogo a cura di A. Paolucci, Milano 2011, p. 96; La Bella Italia - Arte e Identità delle città Capitali, Torino, Reggia di Venaria, Scuderie Juvarriane, 17 marzo - 11 settembre 2011; Firenze, Palazzo Pitti, 11 ottobre 2011- 12 febbraio 2012.
Literature
La Bella Italia - Arte e Identità delle città Capitali, Turin, 2011; catalogue by A. Paolucci; p.96
L’opera raffigura il momento culminante del celebre scontro tra i fratelli Orazi e i tre gemelli Curiazi cosi come venne narrato dallo storico latino Tito Livio nel XXV capitolo del libro I della sua opera più importante: Ab Urbe Condita.
La vicenda ripresa è senza dubbio uno dei momenti più importanti della storia dell’antica Roma, avvenimento cruciale che segnò l’estendersi della supremazia di Roma prima sull’Italia e poi sull’Europa intera. Durante il Regno di Tullo Ostilio, alla metà del VII secolo a.C., Roma ed Alba Longa, entrate in conflitto si trovarono ad affrontarsi al confine tra i territori rispettivi delle due città.
Discendendo la genia di entrambi le città dal nome sacro di Romolo e ritenendo per questo empia e fratricida quella guerra, il re di Alba Longa, per evitare un immane spargimento di sangue, propose di affidare le sorti della scontro ad un duello tra due gruppi rappresentanti delle rispettive città: i tre fratelli Orazi per Roma e i tre gemelli Curiazi per Alba Longa.
Dopo aver visto uccidere i suoi due fratelli all’inizio della disfida, e trovandosi solo ad affrontare i tre gemelli Curiazi, l’ultimo degli Orazi, simulando la fuga, riuscì ad affrontare i nemici separatamente, uccidendoli uno ad uno e decretando così la vittoria di Roma.
Nel momento in cui stava per trafiggere con la spada il collo dell’ultimo dei suoi avversari, così come è rappresentato da Ademollo, l’ultimo superstite dei fratelli Orazi, secondo il racconto di Tito Livio, pronunziò la celebre frase che compare per la gran parte trascritta nella parte inferiore del dipinto: “Duos fratrum manibus dedi; tertium causae belli huiusce, ut Romanus Albano imperet, dabo” (“Due li ho offerti ai Mani dei miei fratelli; il terzo lo darò alla causa di questa guerra, perché i Romani governino sugli Albani”).
L’opera è una delle più prestigiose dell’intera produzione artistica del pittore neoclassico Luigi Ademollo e può essere datato con certezza tra il 1790 e il 1795. Il soggetto è reso con una splendida enfasi scenografica, carattere che è riconducibile alla partecipazione dell’artista, in età giovanile, all’esecuzione di importanti scenografie teatrali (al Teatro alla Scala di Milano e a Roma in diversi teatri).
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