François KEISERMAN
Provenance
Collezione privata, Roma
Keiserman nella didascalia apposta sul verso del foglio descrive il punto di ripresa della veduta: la sommità del “Tempio della Pace”, nome con cui anticamente era conosciuta la Basilica di Massenzio.
Da questo alto punto di osservazione il panorama spazia su tutta la valle del Colosseo così come appariva nel 1809, anno della realizzazione del dipinto: si nota la mancanza dello sperone di sostegno per i quattro piani dell’anello esterno, opera commissionata nel 1823, per evitarne il crollo, da papa Leone XII all’ architetto Giuseppe Valadier (1762-1839), il quale intervenne sull’anfiteatro puntellando la parte pericolante con impalcature lignee e concludendo il restauro attraverso un sistema di archi degradanti, ed è visibile l’epigrafe posta da papa Benedetto XIV nel 1749 in occasione della dedica dell’arena alla memoria della Passione dei Martiri che salvò il monumento da completa rovina.
Ma il 1809, data di questo acquerello è anche la data dell’inizio della dominazione francese a Roma che si protrasse fino al 1815. In questo periodo si può dire che inziò per il Colosseo un nuovo periodo di attenzione ‘archeologica’: il prefetto de Tournon avviò una serie di progetti per il recupero e il restauro delle aree archeologiche, compreso il Colosseo.
Questi indispensabili interventi trovarono però degli oppositori specialmente tra i pittori che erano affascinati dalla visione ‘romantica’ del monumento ammantato di vegetazione. François-Marius Granet, che aveva dedicato al Colosseo e ai suoi scorci numerosi studi e impressioni dal vero nei suoi primi anni romani , scrive nei suoi diari ritornando a Roma nel 1829: «Mi precipitai al Foro, al Colosseo […] ma biasimai gli uomini che avevano avuto l’ardire di mettere le loro mani profane su qui bei marmi».
Keiserman in questa splendida veduta dipinge insieme al Colosseo anche le altre costruzioni adiacenti: sulla destra è raffigurata l’abside del Tempio di Venere e Roma rivolta verso il Foro, inglobata nel complesso ecclesiastico di Santa Francesca Romana che il pittore tralascia volutamente di inserire nella sua veduta probabilmente per concentrare l’attenzione sul monumento romano; più oltre si scorge il profilo della chiesa di Santo Stefano Rotondo. Sulla sinistra dell’anfiteatro in primo piano è raffigurata la villa Silvestri-Rivaldi, i resti delle terme di Traiano ed alcuni granai mentre sullo sfondo si distinguono la cupola della chiesa dei SS. Marcellino e Pietro in via Labicana quindi la sagoma della basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Il tutto sembra immerso in una vegetazione lussureggiante e silenziosa, quasi sospeso nel tempo.
Franz Keiserman, noto anche con il nome francese di François Keiserman, o con il tedesco Kaisermann[1]nacque ad Yverdon in Svizzera nel 1765.
Dopo un tirocinio come pittore di paesaggio si trasferì a Roma nel 1789 chiamatovi dal connazionale Abraham-Louis-RodolpheDucros (1748-1810) con l’incarico di “collaboratore” per la preparazione e la rifinitura dei disegni realizzati nel suo studio.[2]Ducros, all’epoca già rinomato artista, assieme all’italiano Giovanni Volpato (1735-1803) costituì una vera e propria “impresa” per soddisfare la crescente richiesta di disegni ed acquerelli da parte dei viaggiatori europei che in quegli anni giungevano a Roma.[3]
Il giovane pittore di Yverdon imparò molto da questi artisti e con la sua arte contribuì a far incrementare notevolmente la produzione di opere dello studio Ducros-Volpato, che fino al 1793 non conobbe momenti di crisi. In quello stesso anno però con l’insurrezione antifrancese scoppiata a Roma gli affari ebbero una grave battuta d’arresto e molti artisti e viaggiatori stranieri presenti nella Città Eterna si trasferirono a Napoli, o a Firenze. Anche l’artista svizzero prese questa decisione e andò per un breve periodo nella capitale partenopea. Le date di questo suo soggiorno non sono riscontrate da documenti certi, si tratta però presumibilmente del periodo compreso tra il 1795 e il 1798. A Napoli ebbe modo di conoscere anche Jakob PhilippHackert (1737-1807), già residente a Roma e dal 1786 pittore di corte di Ferdinando IV (1751-1825).
Nel 1798 il Keiserman tornò nuovamente a Roma e prese casa al numero 31 di piazza di Spagna[4] dove aprì un proprio studio: iniziò così un’ inarrestabile ascesa che lo portò nel giro di poco tempo ad essere considerato una delle maggiori personalità artistiche a Roma negli anni a cavallo tra XVIII e XIX secolo.
Keiserman intorno al 1799 (secondo il Raggi) o il 1803 (secondo il Falconieri),[5] conobbe il giovane Bartolomeo Pinelli (1781-1835) con il quale ebbe una proficua collaborazione: mentre l’artista svizzero concentrava la sua attenzione nella ripresa del paesaggio, Pinelli completava le opere con le “figure”. Questo sodalizio si interruppe verso il 1809 anche se gli artisti rimasero in buoni rapporti e continuarono ad avere diversi tipi di collaborazione.
Già dal 1806 Keiserman chiamò dalla Svizzera il cugino Jean-François Knébel, anch’egli come disegnatore di figure; questi però morì nel 1822 e, al suo posto, l’artista elvetico fece venire a Roma un altro membro della famiglia Knébel, Charles-François (1810-1877) che divenne suo figlio adottivo.[6]
La sua abitazione-studio di piazza di Spagna fu meta di importanti connoisseur: il principe Camillo Borghese, il principe Aldobrandini, il principe Gustavo di Svezia e il principe russo Volkonskj. I soggetti più ritratti nelle sue opere furono tra gli altri le cascate di Tivoli, i paesaggi dei Colli Albani, le antichità di Roma e i templi di Paestum, opere che furono lodate e descritte nelle cronache artistiche dell’epoca.
Nel 1828 si convertì al cattolicesimo e morì poco dopo nel 1833. Beneficiario delle sua ingente eredità fu il figlio adottivo Charles-François Knébel al quale rimasero le collezioni d’arte e il suo atelier a piazza di Spagna.
[1] La questione se il pittore debba chiamarsi Kaisermann alla tedesca o Keiserman come egli stesso si firma nelle sue opere è stato argomento di dibattito (CfrP. A. De Rosa, Pittori svizzeri a Roma nel Sette-Ottocento: François Keiserman, in Strenna dei Romanisti, Roma 2007, p. 238), noi propendiamo come la quasi totalità degli studi recentemente pubblicati sul pittore per il nome con il quale egli si firmava: Keiserman.
[2] Cfr. F. Leone, Franz Keiserman e la veduta a Roma in età Neoclassica, in Franz Keiserman un paesaggista neoclassico a Roma e la sua bottega, a cura di F. Benzi, Roma 2007, p. 16.
[3] Sull’opera di Abraham-Louis-RodolpheDucros (1748-1810)cfr.P.Chessex, F. Haskell, Roma Romantica, Vedute di Roma e dei suoi dintorni di A.L.R.Ducros (1748-1810), Milano 1985 ; Abraham-Louis-RodolpheDucros, Un peintresuisse en Italie, catalogo della mostra a cura di J. Zutter, Lausanne, MuséecantonaldesBeaux-Arts, 4 aprile - 21 giugno 1998, Québec, Museédu Québec, 7 ottobre 1998 - 3 gennaio 1999, Milano 1998.
[4] P. A. De Rosa, Pittori svizzeri a Roma nel Sette-Ottocento: François Keiserman, in Strenna dei Romanisti, 21 aprile 2007, Roma 2007, p. 238.
[5] Sulla data d’inizio del rapporto lavorativo tra Keiserman e Pinelli i principali repertori critici sono discordanti, come anche i principali biografi di Bartolomeo Pinelli, Oreste Raggi (1835) e Carlo Falconieri (1835): le date presunte oscillano tra l’anno 1799 e l’anno 1803. Per un analisi più approfondita sul rapporto tra i due artisti cfr. P. A. De Rosa, Bartolomeo Pinelli e Franz Keiserman: un rapporto controverso?, in Strenna dei Romanisti, Roma 2009, pp. 245 - 251 e R. J. M. Olson, Are TwoReallyBetterthanOne? The Collaboration of Franz Keiserman and Bartolomeo Pinelli, in AA.VV., Master Drawings, vol. 42, n. 2, Mywood 2010, pp. 195 - 226.
[6] Cfr. P. A. De Rosa, François (Franz) Keiserman, nota biografica, in La Campagna Romana da Hackert a Balla, catalogo della mostra a cura di P. A. De Rosa - P. E. Trastulli, Roma, Museo del Corso, 22 novembre 2001 - 24 febbraio 2002, Roma 2001, pp. 260-261.