Aleksandr Pavlovic BRJULLOV Russian, 1798-1877
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Proizvedeniya Russkiikh Khudojhnikov Iz Muzeev i Chastnykh Kollektsii Italii, Milano, 1991, tav. 36
Venuto in Italia nel 1822 insieme al fratello Karl (San Pietroburgo 1799 – Manziana 1852), pittore di storia e ritrattista tra i più famosi del suo paese, Aleksandr privilegiò subito, rispetto alla sua attività professionale di architetto, quella di acquerellista, affascinato, soprattutto a Napoli, dalle scene di vita quotidiana e popolare.
Osservatore acuto, attento al particolare, elaborava con cura minuziosa l’acquerello, costruendolo con la precisione derivatagli dalla pratica di architetto. Anche lui di riconosciuta fama in patria, fu artista eccellente anche nel ritratto. In Italia, che lasciò nel 1826 per Parigi, soggiornò per lungo tempo a Roma, Napoli e Palermo, riportandone numerosi album di studi, schizzi, disegni alla seppia, impressioni e vedute all’acquerello.
Questo suo realismo analitico, che caratterizza anche le descrizioni di avvenimenti nel ricco epistolario italiano dell’artista, risulta del tutto evidente nel nostro acquerello. Su una strada della periferia napoletana ( in alto si staglia la sagoma bianca della Certosa di S. Martino come indubitabile riferimento topografico) si svolge un tipico episodio del quotidiano.
Alla precisa architettura ambientale (le lastre laviche della pavimentazione si ritrovano tal quali in altro acquerello partenopeo del 1823, Ingresso di una villa italiana, così come l’agave che fa da araldica insegna dei luoghi) corrisponde una coerente caratterizzazione storico-culturale attraverso la sottolineata gestualità di alcuni protagonisti e la contemporaneità di situazioni diverse coralmente vissute.
Sotto questo aspetto l’acquerello, armonicamente costruito come un palcoscenico su cui si recitano a soggetto più episodi, riassume con curiosità benevola ma con quel pizzico di retorica, che solitamente si riconosce presente nei quadri di genere dipinti da Aleksandr Brjullov in Italia, gli aspetti maggiormente emblematici, e perfino allusivi ad una loro universalità, della “!nazione” napoletana, colti e considerati in un microcosmo popolano e popolare assunto appunto a concetto (mendicante compreso).