Tavolo Guèridon in mogano con piano commesso di pietre tenere e dure di Sicilia
Guéridon in mogano con piano commesso di pietre tenere e dure di Sicilia.
Napoli, 1830 circa
Misure: h. cm 79; diam. cm 106
Provenienza: Napoli, Casino della Regina nel parco di Capodimonte, collezione della Regina Maria Isabella di Borbone e, per discendenza, eredi del conte Francesco del Balzo.
Il guéridon in mogano, con tre gambe ricurve unite da una traversa e applicazioni di bronzo dorato con rosette e coppie di fanciulli sulla fascia laterale, è impreziosito da un piano circolare al centro del quale è inserita una scacchiera composta da un campionario di pietre tenere e dure di Sicilia.
L’identificazione delle rare varietà litiche impiegate, inducono ad assegnare la paternità del commesso alla manifattura dei Calì, i rinomati lapicidi catanesi attivi per la corte di Napoli negli anni Trenta dell’Ottocento.
Il piano in giallo dendritico di Segesta, è ornato da motivi a stella in botticino – un calcare compatto dalle tonalità avoriate – intarsiati su un fondo di lava nera di Palagonia entro losanghe rifinite da una doppia filettatura in botticino e basalto rosso di Militello, poste sui lati della scacchiera.
Questa, delimitata da un bordo di marmo verde di Messina a cornice di un fregio a meandro – ricavato dall’accostamento del candore del botticino e il nero della lava di Palagonia sul giallo dendritico di Segesta – e nei cui vertici è reiterato il motivo della stella, è costituita da intarsi in diaspri e agate di Sicilia.
Un assortimento di pietre dure che alterna, ai riquadri del botticino, le varietà corrusche del diaspro rosso di Giuliana e di Santo Stefano di Bivona, quelle del verde di Navarra e del giallo agatato di Villafranca e Santa Cristina, accanto alle tinte variegate dalle “macchie capricciose” dei diaspri dei fiumi Oreto e Termini, e di alcune brecce basaltiche dell’Etna.
Per assonanza stilistica e compositiva, il piano è riconducibile alla produzione dei Calì, la dinastia di lapicidi catanesi affermatasi nell’epoca del Grand Tour che, sulle orme del più celebre esponente della famiglia, lo scultore Antonio Calì – allievo del Canova a Roma e suo seguace nella città partenopea – si distinse alla corte dei Borbone di Napoli tra i più accreditati artigiani del marmo nella lavorazione di commessi di “Pietre di vari colori”, diaspri e agate di Sicilia, e cristallizzazioni di silicati “aggruppate nelle lave Etnee”. Ricercati manufatti con paesaggi e soggetti mitologici inseriti entro campionari di pietre dure di cui, al pari dei dintorni di Palermo, era ricca la piana di Catania.
Lo attesta il piano circolare, su un supporto ligneo a foggia di tripode, con una Veduta di Catania firmata da Giovan Battista Calì, databile alla metà del terzo decennio dell’Ottocento – oggi esposto al Museo di Capodimonte – appartenuto alla regina Maria Isabella di Borbone.
L’Infanta di Spagna, rimasta vedova nel 1830 di Francesco I re delle Due Sicilie, nel 1839 si unì in seconde nozze con il conte Francesco del Balzo. Guéridon, che troviamo raffigurato nella stanza di compagnia del Casino della Regina nel bosco di Capodimonte, residenza privata della Regina Madre dove, nel 1836, si fece ritrarre da Vincenzo Abbati (Roma, Museo Praz).
Già di proprietà dei duchi del Gallo, la villa fu acquistata nel 1831 da Maria Isabella e arredata da un mobilio napoletano à la page con gli stilemi europei che, affrancato dalla sontuosità delle residenze di corte, rispecchiava in un’atmosfera privata di “regalità borghese” le sue predilezioni antiquarie, pittoriche – con particolare attenzione per il vedutismo – e naturalistiche. Collezioni ritenute “prova evidente dell’alto sapere di chi le raccolse”.
Nell’Inventario della eredità di S.M. l’Augusta defunta Regina Maria Isabella Borbone, redatto nel 1848, fra i beni del Casino nel bosco di Capodimonte, divenuto per discendenza Villa del Balzo, nella Stanza di compagnia detta dei ritratti, a pagina 316, è menzionato “Un tavolino tondo di legno mogano con marmi a vari pezzi ed a vari colori formanti diversi lavori incastrati al di sopra, e detto tavolino del diametro di palmi tre ed un terzo, ducati sessanta” che, verosimilmente, si può identificare con il guéridon qui illustrato (1).
Caterina Napoleone
NOTA 1) L’inventario è trascritto in P. Rosazza Ferraris (a cura di), Napoli 1836. Le stanze della Regina Madre, cat. mostra, Roma, Museo Praz, 21 novembre 2008 - 29 marzo 2009, De Luca Editori d’Arte, Roma 2008, p. 70.
Bibliografia:
A. Bellanca, Marmi di Sicilia, Palermo 1969
D. Di Castro, Due Francesco e un Ferdinando: appunti per una storia del mobilio napoletano dal 1825 al 1860, in Civiltà dell’Ottocento. Le arti a Napoli dai Borbone ai Savoia, cat. mostra, Napoli, Museo di Capodimonte, 25 ottobre 1997 -26 aprile 1998, Electa, Napoli 1997, pp. 143-148
C. Napoleone, Le pietre del vulcano. Tarsie neoclassiche a Catania, in “Ikhnos”, Università degli Studi di Catania, Facoltà di Architettura, Lombardi editori, Siracusa 2004, pp. 127-144
P. Rosazza Ferraris (a cura di), Napoli 1836. Le stanze della Regina Madre, cat. mostra, Roma, Museo Praz, 21 novembre 2008 - 29 marzo 2009, De Luca Editori d’Arte, Roma 2008
L. Martino, L’Ottocento ‘privato’. Gli arredi, in Ottocento a Capodimonte, Arte’m, Napoli 2012, pp. 25-31