Adolfo DE CAROLIS Italian, 1874-1928
Mostre
Il Liberty in Italia, catalogo della mostra a cura di F. Benzi, Roma, Chiostro del Bramante, 18 novembre 2001-3 marzo 2002, p. 21 (con misure errate, cm. 110x80);
Dante Gabriel Rossetti, Edward Burne-Jones e il mito dell’Italia nell’Inghilterra vittoriana, catalogo della mostra a cura di M.T. Benedetti, S. Frezzotti, R. Upstone, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, 24 febbraio-12 giugno 2011, n.101 (con misure errate, cm. 110x80
La donna alla fontana è il cartone preparatorio per il dipinto che De Carolis espose alla Biennale di Venezia nel 1899. Il percorso che porta alla realizzazione del dipinto è complesso, e si iscrive non solo nell’ambito della partecipazione di De Carolis alla società artistica In Arte Libertas, di cui era segretario e che, sotto la guida ideale di Nino Costa, sosteneva in Italia gli ideali del preraffaellismo inglese, ma anche, come si vedrà, della sua personale vicenda lavorativa.
Lasciati nella seconda metà del 1897, per diverbi con il proprietario, i lavori per la villa del barone Blanc di Roma, sulla via Nomentana, ove aveva applicato a ceramiche e decorazioni pittoriche e a stucco l’ideale estetizzante di arte totale degli Arts and Crafts, De Carolis trova un nuovo appassionante impegno artistico nelle decorazioni della villa Costantini Brancadoro a San Benedetto del Tronto, nelle Marche.
I lavori per San Benedetto del Tronto iniziano nel settembre 1897, con le decorazioni della crociera del salone, e già nel novembre l’artista si dedica alle lunette, che rappresentano donne preraffaellite in un paesaggio. Una di queste, inizialmente pensata come un’allegoria dell’acqua, di cui si conosce un disegno preparatorio (oltre all’opera finita, che si discosta abbastanza dalla prima idea), contiene in nuce il tema della donna alla fontana che svilupperà immediatamente dopo nel dipinto pensato per la biennale.
Il 29 novembre 1897 l’artista scrive all’amico pittore Alessandro Morani: “Ho quattro lunette con figure e fontane illustrando alcuni versi di D. Compagni. Ne ho già fatte due”. Poco dopo, scrivendo alla moglie, il 29 gennaio 1898, emerge la traccia della prima idea del dipinto della Donna alla fontana: “Vengo poi a comunicarti cosa interessante ossia che nella settimana finirò la decorazione e nell’altra sarò a Roma, ma verrò con una vaga sposa ideale trovata tra i boschi vicino a una fontana armoniosa. Non vedo l’ora di tornare è vero per mettermi di nuovo a lavorare dopo questo po’ po’ di lavoro”.
La meditazione su tale tema aveva avuto tuttavia la sua origine diverso tempo prima, già nel 1896, quando De Carolis si era dedicato al restauro delle Stanze Vaticane, in particolare agli affreschi di Pinturicchio. Il soggetto della donna alla fontana, declinato in un preraffaellismo estetizzante, nasce certamente da quell’iniziale, ravvicinato contatto, decisamente emotivo e lungamente decantato, come si può nitidamente osservare dal confronto con l’affresco di Susanna rapita.
È infine nel gennaio-febbraio 1898 che nasce l’idea del dipinto La donna alla fontana, nella versione del cartone preparatorio che qui si presenta, ove la donna è inizialmente rappresentata, come attesta la scritta in alto a destra (Μελέτη), come Melete, la Musa della Meditazione.
Nella versione definitiva ad olio, la Musa, pur mantenendo la sua caratteristica meditativa, diventerà una mistica allegoria dell’acqua, sottolineata dall’epigrafe della cornice: “FONS HORTORUM PUTEUS AQUARUM VIVENTIUM” (La fonte dei giardini è il pozzo delle acque dei viventi).
L’opera è una perfetta e compiuta testimonianza di Preraffaellismo italiano, che interseca alle fonti letterarie (le poesie medievali di Dino Compagni, coetaneo di Dante Alighieri, cui De Carolis afferma di ispirarsi) quelle mitologiche (la Musa Melete), figurative (l’ispirazione a Pinturicchio) e spirituali (l’acqua dei viventi): una sorta di parallelo ideale della Beata Beatrix rossettiana.
Fabio Benzi
Roma, 20 dicembre 2018